Ultimo tanga a Miami, intervista all’autrice Elena Vigni – Intervistando Elena in un paio di casi mi sono dimenticata che stessimo parlando di una città. La sua voce, mentre racconta di Miami, ancora oggi, dopo tanti anni, tradisce l’emozione, la nostalgia, la mancanza che un grande amore lascia.
A Miami Elena ha vissuto per sei anni, facendo la spola con l’Italia. Adattandosi a fare molti lavori diversi, coltivando amicizie e amori, momenti bellissimi e altri molto difficili che fanno però di questa città la “sua” città. Quella del cuore. Quella che oggi fa da sfondo a “Ultimo tanga a Miami”, un romanzo che racconta gli amori, le vicende e le disillusioni di Elly, che con Elena ha molto a che vedere.

Ultimo tanga a Miami, il libro di Elena Vigni
Ma quindi, come ci sei finita a Miami? Non è una meta così comune: si va a New York di solito, o a Londra per rimanere più vicini…
Mio padre, che era un accanito lettore, mi propose un articolo sullo spanglish, quella lingua nata dall’incontro tra l’inglese e gli immigrati latinoamericani. Me ne appassionai e scoprii che c’era pochissima letteratura sullo spanglish dei Cubani a Miami. Successe in concomitanza con il momento in cui avevo ripreso a studiare, lo proposi come argomento di tesi. Mi venne approvato ma a condizione che facessi ricerca sul luogo. Neanche a chiedermelo! Preparo le valigie e vado a Miami. Era il 2001. Mi innamoro follemente della città e anche di un cubano, biondo con gli occhi verdi.
Torno poi l’anno dopo con l’intento di rimanerci ma con il visto non è stato semplice, ho fatto avanti e indietro fino a quando mi hanno bloccata all’immigration. In totale ho vissuto a Miami sei anni.

Elena Vigni, autrice di Ultimo tanga a Miami
C’è una frase proprio all’inizio di Ultimo tanga a Miami che mi ha molto colpita e mi è piaciuta moltissimo. Parli di Miami proprio come di un grande amore. Dici “Amo di te soprattutto quello che gli altri giudicano difetti: il caldo umido, gli enormi palazzi, il caos, gli uragani, il traffico, gli eccessi…” .
Che cosa è cambiato in te dopo questo grande viaggio?
Quando sono partita per Miami ho deciso che dovevo mantenermi, che in alcun modo avrei dovuto pesare sulla famiglia o su altri. Soprattutto all’inizio mi sono adattata a fare lavori diversi, davo lezioni di italiano ma contemporaneamente seguivo un corso di inglese per avere il visto. In alcuni momenti non avevo niente nel portafoglio, tiravo la cinghia su tutto, non uscivo, mangiavo solo pasta…
Ma non uscire non mi rattristava. Miami è una finestra sul mondo, basta fare un giro su Ocean Drive. Il mondo ti passa davanti, ci sono tipi stranissimi.
Ho conosciuto anche le parti più tristi e difficili del quotidiano, ma il bello di queste situazioni è che se reagisci quello che ti rimane è la forza. E quella me la sono portata in Italia.

Miami, PH. Lance Asper
Che cosa ti manca di più di Miami?
Molte cose, ma una menzione speciale va al cibo argentino! A Miami l’80% della popolazione è ispanica e si mangiano delle empanadas meravigliose a South Beach. La mattina quando potevo andavo a fare colazione in una caffetteria argentina dove facevano le facturas, dei dolci che adoro!
Mi manca il fatto che tutti ti salutino con un sorriso.
Mi mancano il calore e il colore.
Miami è una sinestesia, la vivi con tutti e cinque i sensi.
Dopo Miami come è cambiato il tuo modo di viaggiare?
Ho metabolizzato la perdita di Miami (proprio come fosse la perdita di un partner! ) proprio viaggiando. Il viaggio è diventato una panacea. Ma in ogni posto in cui andavo cercavo di ritrovare quelle sensazioni che avevo trovato a Miami, ma che non trovavo.
Ci sono stati momenti terribili in cui ho sofferto così tanto da dover creare nella mia testa lo stesso ambiente che io avevo là. Chiudevo gli occhi e sentivo quasi anche gli odori in casa, i sapori ,visualizzavo immagini e ricordi per tranquillizzarmi.
Ultimo tanga a Miami nasce proprio da lì.
Quindi possiamo dire che scrivere “Ultimo tanga a Miami” ha avuto per te un valore terapeutico.
Esattamente. Tutto è nato da una storia amorosa andata male. Non la più importante, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dopo una carrellata di tipi strani, stravaganti, stronzi e sconvolgenti comincia a crescere in Elly (l’altra me, a protagonista del libro) questo odio negli uomini infedeli, tirchi, fallocentrici…
Quest’ultima storia è proprio “l’ultimo tanga”. Elly impara a diventare “maschia”, ma senza mai smettere di indossare la gonna. La chiave di tutto, dentro e fuori dal libro, è stata l’ironia.
Negli anni a seguire sei tornata a Miami?
Sì, ho voluto portare mio marito. Lui non era mai stato Oltreoceano. Siamo stati lì un mese, gli ho fatto vedere tutti i posti in cui avevo vissuto. Ho provato imbarazzo, avevo dentro delle sensazioni tremende. Ero in giro per Miami ma dovevo dare conto a qualcuno, mentre in quella città ero sempre stata abituata a stare in giro senza orari.
Gli ho fatto assaggiare le cose che mangiavo, abbiamo passeggiato insieme sulla la spiaggia, gli ho fatto vedere la gente…
È come quando re-incontri il tuo primo amore per strada ed è finita bene.
Tornerai ancora?
Voglio tornare là per la vecchiaia. Ma prima voglio tornare per la presentazione di “Ultimo tanga a Miami”: ci sono 85mila italiani a Miami, e ho lasciato lì tanti amici.
Per non soffrire bisogna essere come il pongo: adattarsi.
Tags: intervista a viaggiatore
2 Comments
Mi ispira moltissimo questo romanzo, me lo segno! E chissà che poi non arrivi anche un viaggio a Miami!
Leggero e divertente! Buona lettura 🙂