Sono un’amante inguaribile del caffè, e a dirla tutta non ho alcuna intenzione di guarire.
Del caffè mi piacciono i chicchi. Ho lavorato per tanti anni in un bar e il momento in cui dovevo ricaricare la macchina era uno dei miei preferiti: il profumo inebriante non appena aprivo la confezione, il rumore dei chicchi clicliclicli che scendevano nel vano della macchina. Il profumo è lo stesso che cerco adesso, quando a casa apro il barattolo per preparare la moka: tolgo il tappo e quello che faccio subito, senza pensare, è annusare la polvere.
Del caffè mi piacciono i gesti. La manopola del gas che gira è il mio primo gesto la mattina; la caffettiera è pronta dalla sera prima. Mi piaceva fare i caffè al bar, mi piacevano i rumori della macchina, mi piaceva soprattutto veder scendere il caffè nella tazzina. Mi piace, adesso, rivedere quei movimenti in chi prepara il caffè per me, dall’altra parte del bancone.
Del caffè mi piace che è “casa”. È la mia nonna che, quando ero bambina, mi insegna a preparare la caffettiera, ed è come una magia ricordarmi ancora oggi i suoi gesti e le sue precise parole. È la mia mamma che quando mi chiede “Mi offri un caffè?” mi sta chiedendo di passare del tempo insieme.
Al cluster del caffè Illy Expo 2015 ho ritrovato qualcosa di tutto questo, e qualcosa di… molto di più. Ho trovato i chicchi del caffè, ma non come li conosco io. I chicchi di caffè che ho visto qui erano verdi e sapevano ancora di terra e di erba. Ho trovato le splendide immagini di Sebastiao Salgado, una selezione del bellissimo reportage che il fotografo brasiliano ha realizzato in collaborazione con Illy, raccontando il mondo del caffè visto dalla parte di chi lavora ogni giorno nelle piantagioni.
Ho trovato, grazie a degli speciali occhialini tecnologici (smartglass)Moverio di Epson , i racconti diretti di chi vive il mondo del caffè. Che ogni mattina si alza alle 4 per andare a lavorare nelle piantagioni, curando la raccolta chicco per chicco, chi lavora per Illy alla selezione finale, e chi il caffè lo vive come consumatore. Al centro c’è il caffè, ma attraverso il cuore delle persone, e la tecnologia Moverio di Epson entra in azione come chiave con la quale aprire nuove porte, scoprire nuovi contenuti, affacciarsi a dimensioni parallele (e in effetti sembra proprio di esserci in un’altra dimensione, con i visitatori che passano per il cluster senza smartglass e si domandano cosa facciano questi individui con occhialini interspaziali che guardano nel vuoto, o contro una parete, magari annuendo o sorridendo).
La tecnologia si indossa. In questo caso pesa solo 88 grammi, è facile da usare e si integra alla perfezione con l’utilizzatore; vale a dire che grazie ai rilevatori, legge con precisione i movimenti di chi indossa gli occhiali. In questo modo le persone hanno sempre la piena consapevolezza di ciò che le circonda e possono spostarsi liberamente e con sicurezza nello spazio. Era la prima volta che provavo una tecnologia di questo tipo, ma è facile pensare alle applicazioni che può avere, e infatti i Moverio, basati su tecnologia Android, sono usati in diversi settori: entertainment, business e lifestyle.
La tecnologia si vive: al cluster Illy Expo 2015 c’è il prototipo di un macchinario (il blender) che, collegato a un dispositivo mobile, permette di scegliere il proprio caffè personalizzato, scegliendo le note di gusto (dolce, amaro, cioccolato, eccetera) o la provenienza del caffè.
Altre informazioni sul cluster del caffè
Il progetto architettonico del Cluster Caffè è ispirato alle immense piantagioni di caffè che si distendono lungo i margini delle foreste tropicali in Africa e in America Centrale. L’architettura degli spazi richiama infatti i rami più alti degli alberi all’ombra dei quali crescono le piante di caffè, mentre i padiglioni sono una metafora dei loro tronchi.
Il padiglione racconta passato, presente e futuro del caffè nelle sue tre dimensioni: il prodotto e il suo percorso dal chicco alla tazzina; la creatività, l’arte e la cultura che si sviluppano attorno alla tazzina di caffè; l’esotismo, le storie e le tradizioni dei Paesi coltivatori e di quelli consumatori.
I toni caldi e i colori naturali che caratterizzano l’ambiente cambiano in base alla luce che filtra dall’esterno attraverso la copertura, influendo sulla percezione dello spazio e dando al visitatore l’illusione di trovarsi proprio in una foresta.
Fanno parte di questo cluster: Burundi, Costa Rica, El Salvador, Etiopia, Guatemala, Kenya, Repubblica Dominicana, Ruanda, Timor Leste, Uganda, Yemen.